IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa iscritta al numero di R.G. 5524 dell'anno 2008 e proposta da Marra Ignazio con l'avv. dom. Antonio Palmisani di Milano, via Curtatone n. 6, ricorrente, contro Poste Italiane S.p.A. con l'avv. dom. Salvatore Trifiro' di Milano via San Barnaba n. 32, convenuto. M o t i v i Nella causa in itinere e' stata sollevata da parte ricorrente la questione di illegittimita' costituzionale della nuova normativa di cui all'art. 4-bis introdotta dal d.l. n. 112 del 2008 convertito in legge n. 133/2008, che l'odierno giudicante intende prendere in considerazione e a cui intende dar seguito. L'art. 4-bis, rubricato «Disposizione transitoria concernente l'indennizzo per la violazione delle norme in materia di apposizione e di proroga del termine», recita: «Con riferimento ai soli giudizi in corso alla data di entrata in vigore della presente disposizione, e fatte salve le sentenze passate in giudicato, in caso di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 1, 2 e 4, il datore di lavoro e' tenuto unicamente a indennizzare il prestatore di lavoro con un'indennita' di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di sei mensilita' dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni». Alla luce di tale norma, vista la promozione dell'odierno giudizio dopo l'entrata in vigore della medesima e considerata la pendenza dello stesso giudizio, l'illegittimita' del contratto a tempo determinato, per mancanza di' specificazione delle ragioni giustificatrici dell'apposizione del termine, dovrebbe comportare il solo diritto di percepire l'indennita' di importo tra un minimo e un massimo secondo le indicazioni dalla norma. Tuttavia tale nuova normativa sembra configurare i presupposti normativi per la pronuncia di illegittimita' costituzionale. Essa infatti appare non infondatamente sospetta di violare principi su cui si fonda la nostra Carta costituzionale. Innanzitutto, un primo motivo di contrasto costituzionale viene ravvisato con riferimento al principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost. In tale prospettiva, e' possibile oggi affermare che e' ormai riconosciuto anche dall'orientamento della Corte costituzionale che il principio di uguaglianza, allorquando si traduca in un atto avente forza legislativa, debba intendersi rispettato laddove il dato normativo appaia ispirato al canone di ragionevolezza. Dunque, ogni qualvolta un atto con forza di legge debba prevedere una differenziazione tra due fattispecie, occorre che questa avvenga ragionevolmente, avuto riguardo ai fini che il legislatore intende perseguire con quella particolare norma. Nel caso di specie il sospetto dell'irrazionalita' viene alimentato dalla circostanza che diverse persone, nella medesima situazione giuridica, si troverebbero a godere di una tutela dei propri diritti sensibilmente diversa, senza alcuna giustificazione se non quella di aver proposto domanda giudiziale in tempi diversi pur nell'identita' del quadro normativo generale applicabile alle rispettiva fattispecie. Ma cosa ancora piu' irragionevole e' la conseguenza per cui, per effetto della nuova norma, paradossalmente, verrebbe penalizzato proprio colui che per primo ha fatto ricorso al giudice, di modo che la norma appare irragionevolmente punitiva nei confronti di chi ha mostrato di voler reagire prontamente ad una violazione di legge. Dunque si evidenzia una evidente disparita' di trattamento tra identiche situazioni di tutti coloro che hanno gia' ottenuto una sentenza passata in giudicato o che promuoveranno un giudizio dopo l'entrata in vigore della nuova disposizione e coloro che invece anche a parita' assoluta di situazioni di fatto si trovano compresi in tale forbice temporale. Con riferimento alla summenzionata disparita' di trattamento e' evidente che la situazione che viene a crearsi in seguito alla normativa introdotta con l'art. 4-bis comporta in via mediata la violazione del principio costituzionale che trova fondamento nell'art. 10, il quale dispone che l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute. Infatti il principio di parita' di trattamento e' principio generale del diritto comunitario, che gli Stati membri sono obbligati a rispettare. Da cio' e' possibile dunque affermare che la disposizione in esame si pone in evidente contrapposizione altresi' con l'art. 10 Cost. La norma denunciata sembra altresi' contrastare con l'art. 117 Cost., secondo cui la potesta' legislativa e' esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della Costituzione, nonche' dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali; da cio' consegue che in caso di violazione di una norma comunitaria ad opera di una norma interna, il contrasto potrebbe essere risolto anche dal punto di vista della sua legittimita' costituzionale, in relazione all'art. 117. In merito a questo profilo, giova ribadire che il d.lgs. n. 368/2001 costituisce attuazione della direttiva 1999/70/CE. Quest'ultima, all'Allegato A, alla Clausola 8, prevede che «l'applicazione del presente accordo non costituisce motivo valido per ridurre il livello generale di tutela offerto ai lavoratori nell'ambito dell'Accordo stesso». E' evidente allora che la nuova norma di cui all'art. 4-bis, costituendo un completamento o una modifica, e non gia' una norma autonoma e separata rispetto al d.lgs. n. 368/2001, costituisce anch'essa applicazione della direttiva del 1999 cui deve percio' uniformarsi. Da cio' deriva che la sostituzione della conversione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato con la sola indennita', introdotta dall'art. 4-bis costituisce un innegabile arretramento di tutela dei lavoratori, in netto contrasto con la previsione comunitaria in quanto costituente regresso di tutela non consentita dalla Clausola 8. Sempre in merito al contrasto con l'art. 117 Cost. occorre affermare che la situazione che si creerebbe con l'applicazione della nuova normativa violerebbe altresi' l'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali del 1950. La norma della Convenzione, nell'affermare che ogni persona ha diritto ad un giusto processo dinanzi ad un tribunale indipendente e imparziale, impone al potere legislativo di non intromettersi nell'amministrazione della giustizia allo scopo di influire nella risoluzione di una controversia o di una determinata categoria. Nella fattispecie in esame certamente non infondato e' il sospetto che, con la norma transitoria, il legislatore abbia violato il suddetto principio. In definitiva, l'art. 4-bis contrasterebbe con l'art. 117 Cost., in quanto la sanzione ivi comminata in caso di violazione delle norme sul contratto a tempo determinato, violerebbe in primis i vincoli comunitari di cui alla Clausola 8 dell'Allegato A della direttiva 1999/70, e in secondo luogo l'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali del 1950. Infine deve sottolinearsi che la scelta di limitare l'efficacia dell'art. 4-bis del d.lgs. 368/2001 ai soli giudizi in corso si pone in contrasto con l'art. 24 della Costituzione. Da questo punto di vista si ritiene che il diritto di' difesa espresso dall'articolo costituzionale abbia subito una non leggera limitazione. Infatti il ricorrente non potra' ottenere il vantaggio consistente nella conversione del contratto irregolare, in cui confidava al momento della instaurazione del giudizio, venendo ad essere modificate le stesse motivazioni che lo hanno spinto ad agire. In tale prospettiva giova sottolineare che la giurisprudenza piu' recente (Cass. 12985/2008) non dubita che alla violazione dell'art. 1 del d.lgs. n. 368/2001 debba conseguire la sanzione della conversione del rapporto irregolare. Ne consegue che la nuova normativa violerebbe il principio di affidamento dei cittadini sulla certezza dell'ordinamento giuridico posto che solo ad una parte di essi, e cioe' solo a coloro che avevano intrapreso i giudizi affidandosi ad un orientamento giurisprudenziale consolidato, nega il beneficio della riassunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato. Alla luce di tutte le considerazioni suesposte, il giudice accoglie le eccezioni di legittimita' costituzionale dell'art. 4-bis sollevate dalle parti e sospende il giudizio.